Le Parole di Areté – Capitolo 2:
INSPIRATION PORN (e abilismo)
La prima parola su cui vogliamo riflettere assieme è INSPIRATION PORN, non ha nulla, o quasi, a che fare con la pornografia, se non quel sentimento prurigunosi voyeristico. E’ una definizione recente, coniata da Stella Young nel suo TED talk a Sidney nel 2014 del quale forniamo il link in descrizione.
Il termine indica quel sentimento di pietismo che passa dalla visione eroica della disabilità e di coloro I quali se ne occupano: “Se ci riesce lui posso farcela anche io”, “guarda quel ragazzo e tu ti lamenti?”, “ alla fine sono come noi…”
Alle persone diversabili, in particolar modo con difficoltà cognitiva, non è concesso essere adulti, avere richieste specifiche, provare amore, desiderio, portare la propria adultità nel mondo in virtù della convivenza delle diversità. La disabilità ha nome, importanza, dignità -forse- solo se di fronte abbiamo “i migliori”: nello sport, nello studio, nell’espressività…Succede quindi che la diversabilità sia narrata dalla normalità, e che in modo paternalistico vengano proposti il ministero della disabilità, l’assessore della disabilità perfino il disabylity manager… non accorgendosi che nessuno è in ascolto… nessuno chiede… la narrazione e violentemente esterna. Citando De Andrè, ne siamo tutti coinvolti, abilismo e ispiration porn sono sentimenti comuni e diffusi, che ci si appiccicano addosso, così come il concetto di normalità, l’idea di noi vs loro. E’ innaturale attraversare la stranità che ci provoca la vicinanza del diverso, è un atto di volontà. E’ presa di coscienza del nostro limitato pensiero, dei nostri stereotipi.
Un caro amico, guardando l’immagine di ragazzi diversabili in una fattoria didattica, mi scrisse una volta : (…) mi genera un senso di soddisfazione e rispetto nel sapere che che queste persone non sono lasciate a loro stesse ma vengono portate a fare attività ed esperienze che migliorano e valorizzano la loro vita. (…)
Sottotesto inconscio: Quanto siamo buoni noi normali ad occuparci di chi non può farcela, di questi bambini imprigionati in corpi troppo cresciuti. Il mio amico non aveva alcuna intenzione di essere indelicato, anzi, il suo era un pensiero di vicinanza, ma è proprio qui il cortocircuito, la narrazione della disabilità che viene continuamente proposta è così edulcorata, che lo stereotipo non rappresenta la realtà, ma ne è limite. Fabrizio Acanfora dà degna chiusura a questi pensieri sparsi: “(…) Forse è ora di comprendere che la diversità in ogni sua forma, più o meno visibile, non è sinonimo di inferiorità né di difetto e che i diversi, i disabili, gli atipici, non vanno resi visibili solo quando si vuole usarli come fonte di ispirazione. Perché dover superare ogni giorno quelle barriere lasciate lì da chi pensa che la diversità non abbia diritto a pari opportunità di vivere una vita piena, secondo le caratteristiche di ciascuno, non dev’essere fonte di ispirazione proprio per nessuno; tutt’al più motivo di profonda vergogna.
Bibliografia